I TERRESTRI, O “THE HEART OF A TREE”
Teresa Castro esamina il film The Heart of a Tree di Clare Langan (Il cuore di un albero, 2020), inquadrandolo in un dibattito più ampio sulle possibilità speculative della fantascienza nell’immaginare il futuro dell’umanità tra le gravi minacce della crisi climatica che il mondo sta affrontando.

Clare Langan, The Heart of a Tree, 2020. Fotografia, stampa digitale su carta da archivio fotografico. Edizione di 6. Courtesy dell’artista. Collezione Fondazione In Between Art Film
“La fantascienza parla sempre dell’ora” afferma la scrittrice canadese Margaret Atwood, aggiungendo: “Di cos’altro dovrebbe parlare? Il futuro non esiste. Esistono molte possibilità, ma non sappiamo quale toccherà a noi.”1 Atwood ovviamente ha ragione: la fantascienza ha sempre parlato del presente, come dimostra bene The Heart of a Tree di Clare Langan (Il cuore di un albero, 2020, 12 minuti). Ambientato in un paesaggio spoglio di alberi, il mondo inospitale del video evoca, a prima vista, un pianeta straniero, inospitale – un pianeta dove arrancano tre figure simili ad astronauti, messe a dura prova da altezze vertiginose e folate di forti venti. È un mondo che stanno colonizzando perché la Terra è diventata inabitabile? O forse stanno vagando proprio sulla Terra? Malgrado le inquietanti prospettive capovolte, la perdita del senso di proporzione e lo sconcertante movimento dell’acqua al contrario, la sensazione è che il paesaggio lunare sia terrestre. Potrebbe essere la Terra: una Terra straniante, grigia e calcinata, avvolta in tenebre cineree e sprofondata in un eterno inverno. In breve, un pianeta radicalmente trasfigurato dal cambiamento climatico e dal collasso ambientale. Una rocciosa terra desolata senza alberi, senza arbusti, senza traccia visibile di flora, all’infuori delle piantine simili ad alghe che i tre umani piantano con cura in riva a una spiaggia nera. Il misterioso rituale che eseguono, sondando il vento e il terreno con movimenti perfettamente sincronizzati, sembra confermare che dopotutto quella sia davvero la Terra. Gli astronauti non sono viaggiatori spaziali: assomigliano piuttosto a quelli che il filosofo francese Bruno Latour ha definito “i Terrestri” (the Earthbound). 2 Diversi dagli umani dell’Antropos, i Terrestri (una nuova specie nata oggi) testimoniano un enorme cambiamento antropologico: il rinnegamento dell’antiquato sistema cartesiano secondo cui gli uomini (la cultura) e la natura sono nettamente separati.
The Heart of a Tree è il terzo di una serie di cinque film riuniti sotto al titolo New Eden, che esplorano le gravi minacce della crisi ambientale che il mondo sta affrontando. Potremmo interpretarlE come climate fiction, opere artistiche che affrontano il tema dell’emergenza climatica, spesso speculando sui futuri immaginabili per l’umanità e sulle possibilità che offre la narrazione in un’epoca di cambiamento climatico globale.

Clare Langan, The Heart of a Tree, 2020. Still da film, stampa digitale su carta da archivio fotografico. Edizione di 6. Courtesy dell’artista. Collezione Fondazione In Between Art Film
The Heart of a Tree è il terzo di una serie di cinque film riuniti sotto al titolo New Eden, che esplorano le gravi minacce della crisi ambientale che il mondo sta affrontando.3 Potremmo interpretarle come climate fiction, opere artistiche che affrontano il tema dell’emergenza climatica, spesso speculando sui futuri immaginabili per l’umanità e sulle possibilità che offre la narrazione in un’epoca di cambiamento climatico globale. Genere associato alla fantascienza, la climate fiction parla risolutamente del presente. Per citare un altro scrittore di fantascienza, lo statunitense Kim Stanley Robinson, la climate fiction “è il realismo dei nostri tempi […] ci offre metafore e sistemi di significato per aiutarci a ragionare sul nostro momento storico.”4 Può essere spiazzante interpretare in modo realistico i film di Langan e le loro impressioni poetiche; l’asprezza grafica delle inquadrature in bianco e nero, che a volte sfiorano l’astrazione (come in The Heart of a Tree), così come l’uso atmosferico del suono e della musica da parte della filmmaker, sembrano molto distanti dal realismo. Ma il termine qui è inteso come una modalità di pensiero disposta a riconoscere che il pianeta, sotto l’impulso di un’intensa attività umana, sta attraversando una trasformazione profonda. In questo senso, l’opera di Langan non potrebbe essere più realistica.

Clare Langan, Future Primal, 2018. Still da film, stampa digitale su carta da archivio fotografico. Edizione di 6. Courtesy dell’artista.
Più esplicitamente, la serie New Eden di Langan richiama alla mente la fabula di speculazione e anticipazione: un genere di narrazione non soltanto capace di dispiegare nuovi mondi, ma anche di portare alla luce le possibilità già racchiuse nel nostro mondo – come i Terrestri. È con questa accezione speculativa che possiamo avvicinarci a The Heart of a Tree: che cosa significherebbe vivere su un pianeta privo di alberi? Un pianeta dove l’ossigeno è più scarso, perennemente velato di smog; un pianeta dove quantità ingenti di carbone finirebbero negli oceani, provocando un’acidificazione estrema; un pianeta di terreni erosi, dove non potrebbero sopravvivere né piante né animali né funghi? La vita sarà anche nata negli oceani (il “brodo primordiale” che intravediamo alla fine del film e che Langan evoca in Future Primal [2018]), ma senza la flora primitiva l’atmosfera terrestre non si sarebbe riempita di ossigeno. Come osserva il filosofo italiano Emanuele Coccia, le piante sono “gli artefici più raffinati del nostro cosmo.”5 Gli alberi sono il respiro vitale, con–viventi senza cui la vita umana sarebbe impossibile. Secondo il film di Langan, la vita su un pianeta senza alberi non sarebbe altro che un tentativo continuo di farli ricrescere. Niente sarebbe più vitale, addirittura sacro, come suggerisce una sequenza affascinante in cui le tre figure umane scrutano il cielo, cogliendo per un istante la vista di una strana apparizione: lo spettro di un albero? Nel corso del film, gli umani agiscono con estrema attenzione, come se stessero eseguendo un rituale meticoloso. Sembrano al tempo stesso soffrire insieme alla Terra e provare a ricostruire la vita in un pianeta distrutto, ma ancora vivo. I Terrestri non collocano la vita umana al di fuori o al di sopra della natura: la concepiscono in maniera ecologicamente incarnata e integrata. I Terrestri si dedicano ai legami; come scrive Latour: “Ho scelto Earthbound – ‘bound’ inteso come legato da un incantesimo, ma anche come diretto da qualche parte – per indicare lo sforzo combinato di provare a raggiungere la Terra pur essendo incapaci di sfuggirle.”6

Clare Langan, The Heart of a Tree, 2020. Still da film, stampa digitale su carta da archivio fotografico. Edizione di 6. Courtesy dell’artista. Collezione Fondazione In Between Art Film
Parafrasando Donna Haraway, gli alberi (come i coralli che la filosofa statunitense esamina in Chtuluchene), “hanno contribuito per primi a rendere i Terrestri consapevoli dell’Antropocene.”7 La deforestazione (in particolare della foresta amazzonica, fantasmaticamente considerata “il polmone della terra”) e lo sbiancamento dei coralli simboleggiano le forze sterminatrici che caratterizzano il nostro tempo, con le sue ampie devastazioni di industrie predatorie. Ma gli alberi – e specialmente le foreste, concepite come forme multispecie di vita collettiva, cooperativa e ingovernabile – sono anche la prova di un rapporto diverso con il mondo, in cui i confini dell’Antropos diventano porosi.8 Se gli alberi sono l’elemento visivo che spicca per la sua assenza in The Heart of a Tree, la foresta è presente come desiderio latente, produttivo, sorge sotto forma dell’insolita collezione di arboscelli simili ad alghe accuratamente piantati vicino al mare. In questo senso, la dimensione luttuosa di The Heart of a Tree non va fraintesa con una visione distopica. Come suggeriscono le tre figure umane nel film, piangere la perdita irreversibile di acqua, aria e terre incontaminate si accompagna alla coscienza che dipendiamo da un’infinità di altri esseri che ci circondano. The Heart of a Tree parla proprio della possibilità di vita su un pianeta distrutto.
—Traduzione dall’inglese di Alessandra Castellazzi
Teresa Castro è professoressa associata in studi cinematografici presso la New Sorbonne University – Paris 3. È stata ricercatrice post-dottorato al Musée du quai Branly – Jacques Chirac di Parigi, e al Max Planck Institute for the History of Science di Berlino. Una parte significativa della sua ricerca recente si concentra sui legami tra film e animismo, ecocritica e forme di vita vegetale nella cultura visiva. In questo contesto, ha pubblicato “The Mediated Plant” (e-flux, 2019), “Queer Botanics” (MAL – A Journal of Sexuality and Erotics, 2019), co-curato il libro collettivo Puissance du végétal et cinéma animiste. La vitalité révélée par la technique (Digione: Presses du réel, 2020) e ha partecipato alla mostra Plant Revolution! presso Centro Internacional das Artes José de Guimarães, 2019.
Clare Langan è un’artista irlandese. I suoi lavori sono stati esposti in mostre personali e collettive presso istituzioni come B3 Biennale of the Moving Image, Francoforte; Busan Biennale 2010; Singapore Biennial 2008; Lyon Biennale 2007; Museum of Modern Art, Tel Aviv; Tate Liverpool; Liverpool Biennial; e 25. Bienal de Sao Paulo, tra le altre. I suoi film sono stati riconosciuti con premi come il Prix Videoformes 2014 | Conseil Général du Puy de Dôme a VIDEOFORMES 2014; e il Principle Prize all’Oberhausen International Short Film Festival, tra gli altri.
1 Lisa Allardice, “Margaret Atwood: ‘I am not a prophet. Science fiction is really about now,’” «The Guardian,» 20 gennaio 2018, disponibile online.
2 Bruno Latour, “War of the Worlds: Human against Earthbound”, Facing Gaia: A New Enquiry into Natural Religion, quinta lezione della serie Gifford Lectures tenute tra il 18 e il 28 febbraio 2013 su invito dell’University of Edinburgh, disponibili online.
3 Future Primal (2018, 8 minuti), Songlines (2019, 10 minuti), Rewilding (2021, in produzione), Alchemy (in produzione).
4 Kim Stanley Robinson, “Science fiction when the future is now: Six authors parse the implications of our unhinged era for their craft,” «Nature,» 20 dicembre 2017, disponibile online.
5 Emanuele Coccia, La vita delle piante. Metafisica della mescolanza, Il Mulino, Bologna 2016.
6 Latour, “War of the Worlds: Humans against Earthbound,” disponibile online.
7 “E, proprio come i coralli (e i licheni), gli alberi ‘ci aiutano a prendere coscienza del Capitalocene’ e formano ‘i tessuti epici del fitto Chtulucene presente,’” in Donna J. Haraway, Chtuluchene. Sopravvivere su un pianeta infetto, trad. di Claudia Durastanti e Clara Cicconi, NERO, Roma 2019, p. 86.
8 Sull’ingovernabilità delle foreste, si veda Jean Baptiste Vidalou, Être forêts. Habiter des territoires en lutte, La Découverte, Parigi 2017.
Teresa Castro è professoressa associata in studi cinematografici presso la New Sorbonne University – Paris 3. È stata ricercatrice post-dottorato al Musée du quai Branly – Jacques Chirac di Parigi, e al Max Planck Institute for the History of Science di Berlino. Una parte significativa della sua ricerca recente si concentra sui legami tra film e animismo, ecocritica e forme di vita vegetale nella cultura visiva. In questo contesto, ha pubblicato “The Mediated Plant” (e-flux, 2019), “Queer Botanics” (MAL – A Journal of Sexuality and Erotics, 2019), co-curato il libro collettivo Puissance du végétal et cinéma animiste. La vitalité révélée par la technique (Digione: Presses du réel, 2020) e ha partecipato alla mostra Plant Revolution! presso Centro Internacional das Artes José de Guimarães, 2019.
Clare Langan è un’artista irlandese. I suoi lavori sono stati esposti in mostre personali e collettive presso istituzioni come B3 Biennale of the Moving Image, Francoforte; Busan Biennale 2010; Singapore Biennial 2008; Lyon Biennale 2007; Museum of Modern Art, Tel Aviv; Tate Liverpool; Liverpool Biennial; e 25. Bienal de Sao Paulo, tra le altre. I suoi film sono stati riconosciuti con premi come il Prix Videoformes 2014 | Conseil Général du Puy de Dôme a VIDEOFORMES 2014; e il Principle Prize all’Oberhausen International Short Film Festival, tra gli altri.
1 Lisa Allardice, “Margaret Atwood: ‘I am not a prophet. Science fiction is really about now,’” «The Guardian,» 20 gennaio 2018, disponibile online.
2 Bruno Latour, “War of the Worlds: Human against Earthbound”, Facing Gaia: A New Enquiry into Natural Religion, quinta lezione della serie Gifford Lectures tenute tra il 18 e il 28 febbraio 2013 su invito dell’University of Edinburgh, disponibili online.
3 Future Primal (2018, 8 minuti), Songlines (2019, 10 minuti), Rewilding (2021, in produzione), Alchemy (in produzione).
4 Kim Stanley Robinson, “Science fiction when the future is now: Six authors parse the implications of our unhinged era for their craft,” «Nature,» 20 dicembre 2017, disponibile online.
5 Emanuele Coccia, La vita delle piante. Metafisica della mescolanza, Il Mulino, Bologna 2016.
6 Latour, “War of the Worlds: Humans against Earthbound,” disponibile online.
7 “E, proprio come i coralli (e i licheni), gli alberi ‘ci aiutano a prendere coscienza del Capitalocene’ e formano ‘i tessuti epici del fitto Chtulucene presente,’” in Donna J. Haraway, Chtuluchene. Sopravvivere su un pianeta infetto, trad. di Claudia Durastanti e Clara Cicconi, NERO, Roma 2019, p. 86.
8 Sull’ingovernabilità delle foreste, si veda Jean Baptiste Vidalou, Être forêts. Habiter des territoires en lutte, La Découverte, Parigi 2017.