Diego Marcon è un artista visivo che lavora principalmente con film e video. Il suo ultimo film, The Parents’ Room (2021), è stato presentato in anteprima al 74esimo Festival di Cannes, nella selezione ufficiale per la sezione Directors’ Fortnight. Le sue opere sono state esposte in mostre personali e collettive in istituzioni come il Museo MADRE, Napoli; Museo Boijmans Van Beuningen, Rotterdam; Fondazione Prada, Milano; Institute of Contemporary Arts Singapore; La Triennale di Milano; Museo MAXXI, Roma; MACRO, Roma; Museion, Bolzano; PAC – Padiglione Arte Contemporanea, Milano; Centre international d’art et du paysage, Vassivière; Fondation d’entreprise Ricard, Parigi; e Artspace, Auckland, Nuova Zelanda. I suoi film sono stati proiettati in festival cinematografici tra cui IFFR – International Rotterdam Film Festival; Cinéma du Réel, Parigi; Courtisane, Gent; BFI, Londra; FID Marsiglia e Doclisboa. Nel 2018 Marcon ha vinto il Premio Scultura Fondazione Hernaux e il Premio MAXXI Bulgari.

Nora N. Khan, Scrittrice, Editor, e Curatrice

Nora N. Khan è editor, curatrice e scrittrice di critica sulla cultura visiva digitale e sulla filosofia della tecnologia contemporanea. La sua ricerca si concentra su arte, musica e letteratura realizzata con e per software, machine learning e intelligenza artificiale. La sua pratica si estende a un’ampia gamma di collaborazioni artistiche, producendo oggetti come sceneggiature, libretti e una piccola casa. I libri che ha scritto sono Seeing, Naming, Knowing (Brooklyn Rail, 2019) sulla logica della visione artificiale, e Fear Indexing the X-Files (Primary Information), pubblicato in collaborazione con Steven Warwick. Di prossima uscita sono The Artificial and the Real (Art Metropole) su simulazione e mappatura semantica, e un libro sulle conseguenze dell’intelligenza artificiale sulla critica d’arte (Lund Humphries). Come curatrice di “Manual Override” presso The Shed, New York, nel 2020, ha lavorato a stretto contatto con Sondra Perry, Morehshin Allahyari e Lynn Hershman Leeson su nuove commissioni, in una mostra che presentava anche importanti opere di Simon Fujiwara e Martine Syms. Pubblica frequentemente prosa e critica, in saggi per pubblicazioni come Artforum e Art in America. Attualmente è redattrice di Topical Cream, concentrandosi sul supporto di persone GNC e BIPOC che si occupando di critica, e della rivista HOLO, ed è redattrice di lunga data (2014-) presso Rhizome. Dal 2018-2021 è stata Professoressa alla Rhode Island School of Design, in Digital + Media, dove ha insegnato teoria critica e ricerca artistica, scrittura sperimentale per artisti e designer e critica della tecnologica.

1 Benché in questa sede non ci sia spazio per una panoramica esaustiva delle radici del tecnopositivismo, del tecno-soluzionismo e delle relative ideologie del tecno-fatalismo odierni, due saggi in particolare hanno influenzato le mie riflessioni: From Counterculture to Cyberculture (2008) di Fred Turner e il notevole Connessione: storia femminile di Internet (2018) di Claire Evans. Entrambi testimoniano gli esiti di una tale fiducia nell’inevitabilità del progresso tecnologico che si è espressa attraverso le teorie di controllo, organizzazione e sistemicità cibernetici risalenti a metà del secolo scorso. Il libro di Evans propone alternative alla narrazione eroica che ha guidato la maggior parte delle storie della tecnologia. Il breve e scorrevole articolo di Rose Eveleth uscito su Wired sui legami tra futurismo e fascismo è un’ottima introduzione al discorso: https://www.wired.com/story/italy-futurist-movement-techno-utopians/.

 2  E naturalmente molti contemporanei lavorano alla costruzione di paradigmi tecnologici che incarnano la Teoria della finzione come borsa (Carrier Bag Theory of Fiction, 1986) di Ursula K. Le Guin, in cui il futuro dell’eroe, che ha domato la natura grazie agli strumenti imperialisti della scienza e alla techne, viene negato. Tanti ricercano ideologie e valori nelle descrizioni che Le Guin fa di semplici ritrovi, decentramento, etica della conservazione, lavoro della memoria, sostenibilità e cura del contesto locale.

 3  Luis Fernández-Galiano, “Terragni in Vanishing Point”, in Arquitectura Viva, consultabile all’indirizzo: https://arquitecturaviva.com/articles/terragni-en-punto-de-fuga-0. L’ottimo saggio sugli interni di David Rifkind, Furnishing the Fascist interior: Giuseppe Terragni, Mario Radice and the Casa del Fascio, è consultabile all’indirizzo: http://davidrifkind.org/fiu/research_files/arq%20article%202006.pdf