IMMAGINI STRATIGRAFICHE
Yang Beichen su The Interrogation (2017) di Wang Tuo
Yang Beichen racconta la dimensione spettrale della tecnologia, e l’oscura stratificazione di immagini, storie e identità nell’opera The Interrogation (2017) di Wang Tuo.
Wang Tuo, The Interrogation (审问), 2017. Still da video. Video monocanale HD, 18’35”. Courtesy dell’artista. Collezione Fondazione In Between Art Film
I fantasmi compaiono spesso nelle opere video di Wang Tuo. Sono fantasmi particolarmente interessanti perché tendono ad avere un legame con gli archivi, oppure appaiono quando certi archivi vengono “performati” dall’artista. Le storie e i fatti sono raramente registrati a dovere, o persino comunicati ed espressi fino in fondo—i ricordi individuali tradiscono momenti ambigui, eventi sociali con implicazioni delicate così come periodi opachi e oscuri della storia cinese: tutto ciò è “archiviato” di nuovo dall’artista e poi depositato negli intricati filoni narrativi che egli costruisce. Rapportandoci agli archivi attraverso questi atti performativi, scopriamo che i fantasmi sono tutt’altro che reticenti, anzi, sono attivissimi—agitati e inquieti, poiché ora dotati di corpi mediati. Infatti, non appena questi spettri infestanti assumono una forma, la narrazione esistente si destabilizza, quasi fosse stata scaraventata in uno stato di ondeggiamento perpetuo dovuto a una serie infinita di fluttuazioni, (ri)formazioni e sovversioni. Se simili immagini stratigrafiche1 sembravano già presenti nei film di Jean-Marie Straub e Danièle Hullet, oltre che nelle opere di Marguerite Duras, Wang ne propone una variante fantasmatica piena di memorie ed emozioni indescrivibili. L’artista rivela queste figure vaghe, indistinte—spesso trascurate o sprofondate nell’oblio—e, ricorrendo a certe tradizioni filosofiche e storiografiche cinesi,2 incorpora le esperienze, dando loro una nuova visibilità e narratività.
TECNOLOGIE MODERNE COME FOTOGRAFIA E FILM SONO STATE SPESSO INTIMAMENTE RICOLLEGATE ALLA DIMENSIONE FANTASMATICA DEGLI ARCHIVI. COME HA OSSERVATO JACQUES DERRIDA, LA SPETTRALITÀ SEMBRA EMERGERE PRECISAMENTE DAI LORO ASPETTI TECNICI.
The Interrogation (2017) è un video composto di fermo immagini. Tecnologie moderne come fotografia e film sono state spesso intimamente ricollegate ai fantasmi archiviali. Come ha osservato Jacques Derrida, la spettralità sembra emergere precisamente dai loro aspetti tecnici.3 Nel film di Wang vediamo tornare più e più volte degli scatti in dissolvenza, in cui una foto sbiadisce nell’altra—una scompare, mentre l’altra appare gradualmente—producendo delle sovrimpressioni che creano interruzioni e sospensioni fugaci. Frattanto, il tempo non risulta distrutto, ma anzi pare fremere e lampeggiare, producendo altri vortici e increspature.
Wang Tuo, The Interrogation (审问), 2017. Still da video. Video monocanale HD, 18’35”. Courtesy dell’artista. Collezione Fondazione In Between Art Film
È facile pensare a La jetée (Chris Marker, 1962), però a me ricorda piuttosto un capolavoro meno noto, Colloque de chiens (1977), dove Raúl Ruiz costruisce, attraverso il montaggio, una sola “comunità con un destino condiviso”, per così dire, all’interno del suo film. Quasi fossero intrappolati in circuiti karmici, i vari personaggi sembrano votati allo stesso destino o forse sono tutti la stessa persona. The Interrogation di Wang è diverso, perché è una “storia di fantasmi” dove i personaggi si trasformano, mutano e si scambiano l’uno con l’altro. Qui c’è più di un destino, perché l’artista instaura dei filoni narrativi simmetrici e la trama si dispiega in due spazi-tempo: da un lato ci sono due personaggi maschili, dall’altro due donne; da un lato si svolge un colloquio di lavoro, dall’altro delle sessioni di psicoterapia; un lato sembra incentrato sulla comunicazione con un Altro ipotetico, mentre il secondo si concentra sull’espressione del sé; da un lato le facce persistono, nell’altro sono completamente assenti. I due filoni sono intrecciati e sfregano tra di loro, tanto che quando la voce fuoricampo scivola “per sbaglio” da un lato all’altro, oppure viene pronunciata una frase come “lei sembrava un hard-disk formattato”, chi guarda capisce che ogni personaggio potrebbe tranquillamente riferirsi o fare da sostituito agli altri. Questi momenti rivelatori accrescono la confusione di chi guarda, che non sa più a chi si riferisce quel “lei” nell’affermazione precedente; travolto dai vortici e dalle increspature delle immagini, l’“io” scivola così in un gioco di proiezioni, associazioni e identificazioni infinite.
L’artista ha tratto ispirazione per l’opera da una conversazione avvenuta con un ufficiale della Commissione per l’ispezione disciplinare della sua città. In quell’occasione, l’ufficiale gli aveva confidato le tecniche e le strategie usate nei colloqui e negli interrogatori. I dettagli di questa conversazione interessano moltissimo Wang, perché in quell’esperienza specificamente locale intravede una certa dinamica dall’interesse ampiamente umano e universale. L’interrogato diventa l’interrogatore, mentre l’uomo si trasforma in “fantasma” e l’anima pare aver completato il proprio ciclo di passaggio e rigenerazione. Osservando i primi piani esagerati e le inquadrature insolite di The Interrogation, incontrando i volti spremuti, corrugati, accartocciati, tagliati e deformati, si comprende che l’artista sta mettendo in scena una hauntologia locale e cosmopolita al tempo stesso.
Wang Tuo, The Interrogation (审问), 2017. Still da video. Video monocanale HD, 18’35”. Courtesy dell’artista. Collezione Fondazione In Between Art Film
Questa comprensione aiuta a percepire l’intersezione tra The Interrogation e il film di Ingrid Bergam, Persona (1966), e il modo in cui avviene. Persona può essere interpretato come un archivio di volti/fantasmi costruiti da Bergman, un devoto studioso dell’anima. Nel mondo cinematico di Bergman, le facce, in moltissimi casi, sono legate al doppio e alla duplicazione, o alle ombre e ai fantasmi. La loro apparizione sullo schermo evoca sia una presenza sia un’assenza, rappresenta la vita quanto la morte. Proprio per questo i volti nel film di Bergman sono così inquietanti: non sono delle semplici esternazioni dei mondi interiori di uomini e donne, ma degli autoritratti che simbolizzano la disintegrazione del soggetto e la dualità in ognuno di noi. Sono i nostri “io” nel mondo, un’epifania disturbante e allarmante. In Bergman—come nel film di Wang—, le facce dell’interrogatore e degli attori possono scambiarsi con quelle dell’interrogato e del pubblico, aleggiando in eterno tra disgiunzione e unità. Tuttavia, è importantissimo notare che, in The Interrogation, Wang non accenna in alcun modo alla metafisica religiosa di Bergman, né ricorre con semplicità a posizioni critiche esistenti—la dialettica delle politiche identitarie è completamente assente. Al contrario, vuole confrontarsi con la realtà, che è sempre più caotica e viscosa, nel tentativo di individuare la sua possibile essenza. Wang crede che nella nostra vita secolare ed emotiva resti qualcosa che eluderà per sempre le leggi e le norme del discorso razionale egemone. Nella speranza di poterle affrontare e chiarire, dobbiamo prima di tutto liberare i soggetti che per troppo tempo sono stati oppressi dalle grandi teorie e narrazioni, e reinventare una narratologia intima e microscopica. A Wang non importa che questo avvenga ricorrendo alle facce in The Interrogation oppure al medium sciamanico in The Northeast Tetralogy,4 ancora in lavorazione, perché in ultima istanza sono “mediazioni che influenzano la nostra visione del passato, del presente e del futuro, qui e ora”5—fantasmi archiviali vivissimi e performanti.
— Traduzione dall’inglese di Alessandra Castellazzi
Wang Tuo, Artista
Wang Tuo è un artista che vive e lavora a Pechino. Il lavoro di Wang è stato esibito in mostre personali presso Present Company, New York; Salt Project, Pechino; Taikang Space, Pechino; e collettive presso il National Museum of Modern and Contemporary Art, Seoul; Julia Stoschek Collection, Düsseldorf; Staatliche Kunsthalle Baden-Baden; Zarya Center for Contemporary Art, Vladivostok; OCAT, Shenzhen & Shanghai; and Queens Museum, New York. È stato Artist in Residence al Queens Museum di New York dal 2015 al 2017. Ha vinto il China Top Shorts Award e l’Outstanding Art Exploration Award for Chinese Short Films al Beijing International Short Film Festival 2018. Wang Tuo è il vincitore del Three Shadows Photography Award 2018 e del Youth Contemporary Art Wuzhen Award 2019. È stato premiato con una residenza di ricerca presso KADIST San Francisco come parte dell’OCAT x KADIST Emerging Media Artist Residency Program 2020. Nel 2021, Wang Tuo avrà la sua prima retrospettiva istituzionale presso l’UCCA di Pechino.
Yang Beichen, curatore e accademico
Yang Beichen è un curatore e accademico di cinema e arte contemporanea. È membro del Thought Council di Fondazione Prada (Milano/Venezia), Guest Researcher presso la New Century Art Foundation (Pechino/Shanghai) e collaboratore di Artforum China. Insegna cinema e tecnologie multimediali presso la Central Academy of Drama (Pechino). Il suo campo di ricerca spazia dalla teoria sull’immagine in movimento all’archeologia dei media, al rapporto tra tecnologia ed ecologia, al nuovo materialismo. I suoi progetti curatoriali, come “New Metallurgists” (Julia Stoschek Collection, Düsseldorf), “Earthbound Cosmology” (Qiao Space, Shanghai), “Anti-Projection” (NCAF, Pechino), “Micro-Era” (Nationalgalerie, Berlino), e “Embodied Mirror” (NCAF, Pechino), espandono la sua ricerca accademica multidisciplinare. Recentemente ha co-curato la Guangzhou Image Triennial 2021 (Guangdong Museum of Art, Guangzhou) e collaborato in qualità di Guest Researcher alla mostra “Socialist Realism” presso la V-A-C Foundation (Mosca). Ha contribuito con saggi critici a cataloghi di artisti come Cao Fei, Laure Prouvost, Omer Fast e Ho Tzu Nyen, tra molti altri. La sua prima monografia accademica Film as Archive è di prossima pubblicazione.
1 Gilles Deleuze, L’immagine-tempo. Cinema 2, Torino: Einaudi, 2017.
2 Come la scuola di pensiero critico fondata da Li Zhi nell’ultimo periodo della dinastia Ming (si veda: https://it.wikipedia.org/wiki/Li_Zhi).
3 Jacques Derrida, Copy, Archive, Signature: A Conversation on Photography, Redwood City, CA: Stanford University Press, 2010, p. 39.
4 The Northeast Tetralogy è un progetto in corso in cui Wang è attualmente impegnato. Indentificando nello sciamanesimo un medium culturale speciale, l’artista vuole indagare, attraverso questa serie epica di opere con immagini in movimento, il complesso paesaggio storico e geopolitico della Cine nordorientale e dell’Asia nordorientale.
5 Fang Yan, Interviews: Wang Tuo, «Artforum», 20 maggio 2020 (TdT).
IMMAGINI STRATIGRAFICHE
Yang Beichen su The Interrogation (2017) di Wang Tuo
Yang Beichen racconta la dimensione spettrale della tecnologia, e l’oscura stratificazione di immagini, storie e identità nell’opera The Interrogation (2017) di Wang Tuo.
Wang Tuo, The Interrogation (审问), 2017. Still da video. Video monocanale HD, 18’35”. Courtesy dell’artista. Collezione Fondazione In Between Art Film
I fantasmi compaiono spesso nelle opere video di Wang Tuo. Sono fantasmi particolarmente interessanti perché tendono ad avere un legame con gli archivi, oppure appaiono quando certi archivi vengono “performati” dall’artista. Le storie e i fatti sono raramente registrati a dovere, o persino comunicati ed espressi fino in fondo—i ricordi individuali tradiscono momenti ambigui, eventi sociali con implicazioni delicate così come periodi opachi e oscuri della storia cinese: tutto ciò è “archiviato” di nuovo dall’artista e poi depositato negli intricati filoni narrativi che egli costruisce. Rapportandoci agli archivi attraverso questi atti performativi, scopriamo che i fantasmi sono tutt’altro che reticenti, anzi, sono attivissimi—agitati e inquieti, poiché ora dotati di corpi mediati. Infatti, non appena questi spettri infestanti assumono una forma, la narrazione esistente si destabilizza, quasi fosse stata scaraventata in uno stato di ondeggiamento perpetuo dovuto a una serie infinita di fluttuazioni, (ri)formazioni e sovversioni. Se simili immagini stratigrafiche1 sembravano già presenti nei film di Jean-Marie Straub e Danièle Hullet, oltre che nelle opere di Marguerite Duras, Wang ne propone una variante fantasmatica piena di memorie ed emozioni indescrivibili. L’artista rivela queste figure vaghe, indistinte—spesso trascurate o sprofondate nell’oblio—e, ricorrendo a certe tradizioni filosofiche e storiografiche cinesi,2 incorpora le esperienze, dando loro una nuova visibilità e narratività.
TECNOLOGIE MODERNE COME FOTOGRAFIA E FILM SONO STATE SPESSO INTIMAMENTE RICOLLEGATE ALLA DIMENSIONE FANTASMATICA DEGLI ARCHIVI. COME HA OSSERVATO JACQUES DERRIDA, LA SPETTRALITÀ SEMBRA EMERGERE PRECISAMENTE DAI LORO ASPETTI TECNICI.
The Interrogation (2017) è un video composto di fermo immagini. Tecnologie moderne come fotografia e film sono state spesso intimamente ricollegate ai fantasmi archiviali. Come ha osservato Jacques Derrida, la spettralità sembra emergere precisamente dai loro aspetti tecnici.3 Nel film di Wang vediamo tornare più e più volte degli scatti in dissolvenza, in cui una foto sbiadisce nell’altra—una scompare, mentre l’altra appare gradualmente—producendo delle sovrimpressioni che creano interruzioni e sospensioni fugaci. Frattanto, il tempo non risulta distrutto, ma anzi pare fremere e lampeggiare, producendo altri vortici e increspature.
Wang Tuo, The Interrogation (审问), 2017. Still da video. Video monocanale HD, 18’35”. Courtesy dell’artista. Collezione Fondazione In Between Art Film
È facile pensare a La jetée (Chris Marker, 1962), però a me ricorda piuttosto un capolavoro meno noto, Colloque de chiens (1977), dove Raúl Ruiz costruisce, attraverso il montaggio, una sola “comunità con un destino condiviso”, per così dire, all’interno del suo film. Quasi fossero intrappolati in circuiti karmici, i vari personaggi sembrano votati allo stesso destino o forse sono tutti la stessa persona. The Interrogation di Wang è diverso, perché è una “storia di fantasmi” dove i personaggi si trasformano, mutano e si scambiano l’uno con l’altro. Qui c’è più di un destino, perché l’artista instaura dei filoni narrativi simmetrici e la trama si dispiega in due spazi-tempo: da un lato ci sono due personaggi maschili, dall’altro due donne; da un lato si svolge un colloquio di lavoro, dall’altro delle sessioni di psicoterapia; un lato sembra incentrato sulla comunicazione con un Altro ipotetico, mentre il secondo si concentra sull’espressione del sé; da un lato le facce persistono, nell’altro sono completamente assenti. I due filoni sono intrecciati e sfregano tra di loro, tanto che quando la voce fuoricampo scivola “per sbaglio” da un lato all’altro, oppure viene pronunciata una frase come “lei sembrava un hard-disk formattato”, chi guarda capisce che ogni personaggio potrebbe tranquillamente riferirsi o fare da sostituito agli altri. Questi momenti rivelatori accrescono la confusione di chi guarda, che non sa più a chi si riferisce quel “lei” nell’affermazione precedente; travolto dai vortici e dalle increspature delle immagini, l’“io” scivola così in un gioco di proiezioni, associazioni e identificazioni infinite.
L’artista ha tratto ispirazione per l’opera da una conversazione avvenuta con un ufficiale della Commissione per l’ispezione disciplinare della sua città. In quell’occasione, l’ufficiale gli aveva confidato le tecniche e le strategie usate nei colloqui e negli interrogatori. I dettagli di questa conversazione interessano moltissimo Wang, perché in quell’esperienza specificamente locale intravede una certa dinamica dall’interesse ampiamente umano e universale. L’interrogato diventa l’interrogatore, mentre l’uomo si trasforma in “fantasma” e l’anima pare aver completato il proprio ciclo di passaggio e rigenerazione. Osservando i primi piani esagerati e le inquadrature insolite di The Interrogation, incontrando i volti spremuti, corrugati, accartocciati, tagliati e deformati, si comprende che l’artista sta mettendo in scena una hauntologia locale e cosmopolita al tempo stesso.
Wang Tuo, The Interrogation (审问), 2017. Still da video. Video monocanale HD, 18’35”. Courtesy dell’artista. Collezione Fondazione In Between Art Film
Questa comprensione aiuta a percepire l’intersezione tra The Interrogation e il film di Ingrid Bergam, Persona (1966), e il modo in cui avviene. Persona può essere interpretato come un archivio di volti/fantasmi costruiti da Bergman, un devoto studioso dell’anima. Nel mondo cinematico di Bergman, le facce, in moltissimi casi, sono legate al doppio e alla duplicazione, o alle ombre e ai fantasmi. La loro apparizione sullo schermo evoca sia una presenza sia un’assenza, rappresenta la vita quanto la morte. Proprio per questo i volti nel film di Bergman sono così inquietanti: non sono delle semplici esternazioni dei mondi interiori di uomini e donne, ma degli autoritratti che simbolizzano la disintegrazione del soggetto e la dualità in ognuno di noi. Sono i nostri “io” nel mondo, un’epifania disturbante e allarmante. In Bergman—come nel film di Wang—, le facce dell’interrogatore e degli attori possono scambiarsi con quelle dell’interrogato e del pubblico, aleggiando in eterno tra disgiunzione e unità. Tuttavia, è importantissimo notare che, in The Interrogation, Wang non accenna in alcun modo alla metafisica religiosa di Bergman, né ricorre con semplicità a posizioni critiche esistenti—la dialettica delle politiche identitarie è completamente assente. Al contrario, vuole confrontarsi con la realtà, che è sempre più caotica e viscosa, nel tentativo di individuare la sua possibile essenza. Wang crede che nella nostra vita secolare ed emotiva resti qualcosa che eluderà per sempre le leggi e le norme del discorso razionale egemone. Nella speranza di poterle affrontare e chiarire, dobbiamo prima di tutto liberare i soggetti che per troppo tempo sono stati oppressi dalle grandi teorie e narrazioni, e reinventare una narratologia intima e microscopica. A Wang non importa che questo avvenga ricorrendo alle facce in The Interrogation oppure al medium sciamanico in The Northeast Tetralogy,4 ancora in lavorazione, perché in ultima istanza sono “mediazioni che influenzano la nostra visione del passato, del presente e del futuro, qui e ora”5—fantasmi archiviali vivissimi e performanti.
— Traduzione dall’inglese di Alessandra Castellazzi
Wang Tuo, Artista
Wang Tuo è un artista che vive e lavora a Pechino. Il lavoro di Wang è stato esibito in mostre personali presso Present Company, New York; Salt Project, Pechino; Taikang Space, Pechino; e collettive presso il National Museum of Modern and Contemporary Art, Seoul; Julia Stoschek Collection, Düsseldorf; Staatliche Kunsthalle Baden-Baden; Zarya Center for Contemporary Art, Vladivostok; OCAT, Shenzhen & Shanghai; and Queens Museum, New York. È stato Artist in Residence al Queens Museum di New York dal 2015 al 2017. Ha vinto il China Top Shorts Award e l’Outstanding Art Exploration Award for Chinese Short Films al Beijing International Short Film Festival 2018. Wang Tuo è il vincitore del Three Shadows Photography Award 2018 e del Youth Contemporary Art Wuzhen Award 2019. È stato premiato con una residenza di ricerca presso KADIST San Francisco come parte dell’OCAT x KADIST Emerging Media Artist Residency Program 2020. Nel 2021, Wang Tuo avrà la sua prima retrospettiva istituzionale presso l’UCCA di Pechino.
Yang Beichen, curatore e accademico
Yang Beichen è un curatore e accademico di cinema e arte contemporanea. È membro del Thought Council di Fondazione Prada (Milano/Venezia), Guest Researcher presso la New Century Art Foundation (Pechino/Shanghai) e collaboratore di Artforum China. Insegna cinema e tecnologie multimediali presso la Central Academy of Drama (Pechino). Il suo campo di ricerca spazia dalla teoria sull’immagine in movimento all’archeologia dei media, al rapporto tra tecnologia ed ecologia, al nuovo materialismo. I suoi progetti curatoriali, come “New Metallurgists” (Julia Stoschek Collection, Düsseldorf), “Earthbound Cosmology” (Qiao Space, Shanghai), “Anti-Projection” (NCAF, Pechino), “Micro-Era” (Nationalgalerie, Berlino), e “Embodied Mirror” (NCAF, Pechino), espandono la sua ricerca accademica multidisciplinare. Recentemente ha co-curato la Guangzhou Image Triennial 2021 (Guangdong Museum of Art, Guangzhou) e collaborato in qualità di Guest Researcher alla mostra “Socialist Realism” presso la V-A-C Foundation (Mosca). Ha contribuito con saggi critici a cataloghi di artisti come Cao Fei, Laure Prouvost, Omer Fast e Ho Tzu Nyen, tra molti altri. La sua prima monografia accademica Film as Archive è di prossima pubblicazione.
1 Gilles Deleuze, L’immagine-tempo. Cinema 2, Torino: Einaudi, 2017.
2 Come la scuola di pensiero critico fondata da Li Zhi nell’ultimo periodo della dinastia Ming (si veda: https://it.wikipedia.org/wiki/Li_Zhi).
3 Jacques Derrida, Copy, Archive, Signature: A Conversation on Photography, Redwood City, CA: Stanford University Press, 2010, p. 39.
4 The Northeast Tetralogy è un progetto in corso in cui Wang è attualmente impegnato. Indentificando nello sciamanesimo un medium culturale speciale, l’artista vuole indagare, attraverso questa serie epica di opere con immagini in movimento, il complesso paesaggio storico e geopolitico della Cine nordorientale e dell’Asia nordorientale.
5 Fang Yan, Interviews: Wang Tuo, «Artforum», 20 maggio 2020 (TdT).